Pensare troppo è l’arte di creare problemi dal nulla. Nella vita quotidiana di quasi tutti noi pensare e ripensare alle cose è forse il problema più frequente; fonte di ansia, sofferenze e spesso incapacità personali e relazionali.
Il nostro bisogno arcaico di sicurezza ci spinge a cercare conforto in verità rassicuranti; ricerca che passa attraverso il ragionamento razionale. Il cogito cartesiano diviene così lo strumento principe per affrontare le proprie insicurezze e i propri timori. Al punto che, come in modo illuminante chiarisce Nietzsche nella Gaia scienza, “gli uomini di fronte all’incertezza spesso rendono vera una realtà che sanno essere falsa, poi, agendo in virtù di questa, si convincono della sua effettiva veridicità”. E’ questo il processo che in psicologia viene definito autoinganno.
Pensare e porsi interrogativi o dubbi è un tratto essenziale della nostra natura evolutiva ed è anche il modo in cui gestiamo la realtà. Pensare troppo è però il trampolino di lancio del pensiero ossessivo, di blocchi decisionali, del dubbio patologico, ansia, ecc. L’uomo moderno ha sviluppato l’illusione di poter controllare e gestire ogni cosa; illusione che crolla rovinosamente di fronte all’impossibilità di controllare il caso. Così, di fronte a tutto ciò che è indecidibile, l’uomo moderno va letteralmente in crisi.
Quando pensare troppo diventa un problema
Il ragionamento si trasforma da risorsa a limite quando si tenta di applicarlo a fenomeni a cui non può adattarsi, come, ad esempio, alle paure irrazionali, dubbi, a relazioni amorose controverse, a situazioni in cui la logica si trasforma in una trappola.
Pensare troppo consiste nel cercare di sciogliere dei dubbi inscindibili, di trovare risposte razionali a qualcosa che non ha nulla di razionale; si potrebbe definire una perversione della ragione. Cercare di dare una risposta a domande che non possono avere una risposta logica, rimuginare su una decisione già presa o su un evento già accaduto è come infilarsi dentro a un complicato labirinto senza via d’uscita. Si dovrebbe ricordare l’indicazione di Kant: “Prima di sforzarsi di cercare le risposte si deve valutare la correttezza delle domande”. Ma facciamo alcuni esempi che ci faranno comprendere meglio il concetto.
E se fossi gay?
E’ un dubbio molto frequente nei giovani uomini; è evidente, però, che la risposta a questo dubbio sta nelle sensazioni percepite di fronte a un uomo o a una donna e non tanto nei ragionamenti. La trappola si innesca quando, tentando di controllare le reazioni per capire le sensazioni provate, si altera ciò che è di per sé spontaneo; aumentando così l’incertezza sull’identità sessuale. Pensare troppo entrando in un circolo vizioso tra pensieri e sensazioni che complica il problema invece di risolverlo. La persona cerca di trovare ulteriori prove sul proprio orientamento sessuale, fino a mettere in atto dei veri e propri esperimenti, producendo ulteriore incertezza e confusione.
Devo essere assolutamente sicuro prima di agire
Accade quando, ad esempio, svisceriamo una situazione in virtù del dubbio su cosa sia giusto o sbagliato fare. Tentiamo di analizzare la situazione da più punti di vista possibile, mentendone costantemente in dubbio la validità, per giungere alle decisioni più corrette e alle scelte più idonee. Producendo dei loop ricorsivi, dei veri e propri vortici entro cui si giunge a perdersi. Cercando di essere sicuri al 100% prima di agire, di “andare a colpo sicuro”, si finisce inevitabilmente col creare il blocco dell’azione. Pensare troppo anche in questo caso risulterà disfunzionale.
Devo assolutamente dimenticare il mio ex
Chi non ha sperimentato il tormento tentando di cancellare dalla mente qualcosa? Può essere un errore che non ci perdoniamo, o un ex che ci ha fatto soffrire; ma più combattiamo il pensiero che affiora e cerchiamo di distrarci più questo rimbomba nella nostra mente. Già, perché pensare di non pensare è già pensare. E allora finiamo col pensare troppo.
Che cosa cerca di fare la persona per risolvere il problema? In questo articolo “pensieri ossessivi” parlo di 3 comportamenti da evitare per non essere schiacciati dai pensieri.
Pensare troppo: un caso risolto con successo
I primi dubbi
Marco è un giovane laureato in economia presso una prestigiosa università e si è appena specializzato presso uno dei più importanti M.B.I. Tutto è andato nel verso giusto nella sua vita; fino a quando sono giunte le prime importanti offerte di lavoro, le quali hanno innescato alcuni dubbi sulle sue effettive capacità ad assumere il ruolo di manager. Finché si è trattato di studiare e divorare esami, anche molto impegnativi, non ha avuto problemi; tutto era pianificato e sotto controllo.
Adesso Marco si sente come il soldato alla prova del fuoco, spaventato e in dubbio sulle sue capacità di combattere e vincere. Egli cerca di ragionare obiettivamente e ne deduce che tutti i grandi manager hanno dovuto superare tale prova iniziale. Ma, al tempo stesso, pensa che forse loro erano più sicuri e determinati di lui. Riflettendo a fondo, capisce che è ragionevole avere dei dubbi sulle proprie capacità fino a che non ci si mette effettivamente alla prova. Ma è anche vero che mettendosi alla prova senza una forte determinazione si rischia il fallimento; forse, per non buttarsi allo sbaraglio e rischiare il disastro, è necessario prepararsi ancora meglio.
Le reazioni ai dubbi e alle incertezze
Così Marco rimanda il suo ingresso nel mondo del lavoro per proseguire la formazione. Purtroppo, procrastinare non aiuta a superare le insicurezze, bensì le rende più gravi. Così il giovane laureato intraprende un corso sulla comunicazione manageriale. Ben presto però si rende conto che tornare di nuovo nella posizione rassicurante dello studente non lo aiuta; doversi cimentare nell’apprendimento di tecniche di comunicazione che prevedono esercitazioni espositive di fronte ai colleghi, lo rimette di fronte ai suoi timori che adesso sono aumentati. Alle sue paure, infatti, ora si è aggiunta quella di parlare in pubblico. L’evitamento di Marco a confrontarsi con la realtà, dapprima liberatorio, ha confermato e dimostrato i suoi dubbi sino a farli dilagare nella sua mente; a ciò si aggiunge anche la comparsa di attacchi di panico. La situazione per lui è insostenibile e decide di chiedere aiuto.
L’azzeramento dei sintomi invalidanti
Emerse chiaramente che Marco avvertiva dentro di sé una costante presenza molesta che lo faceva sentire incapace e svalutava ogni suo successo come fosse stato frutto della fortuna e non dei suoi meriti; parafrasai il suo stato come quello di colui che partecipa a un gioco in cui la vittoria vale zero e la sconfitta vale doppio. Marco andava letteralmente in tilt quando doveva affrontare compiti pratici e applicativi. Così gli chiesi in che modo cercasse di combattere il suo “persecutore interno”. Marco riferì che tentava continuamente di ragionare in modo razionale; i pensieri però avevano sempre la meglio di fronte alle prove o era scappato o aveva fallito. Sulla base di ciò, come di consueto si procede applicando il modello di psicoterapia breve strategica, iniziai con l’eliminare gli attacchi di panico. Dopo poche settimane potemmo occuparci del suo “persecutore interno”.
La risoluzione del caso
Proposi al giovane alcuni interrogativi mirati a gestire con successo i pensieri molesti. Chiesi allora: “Quando cerchi di combattere il tuo persecutore interno, questi tace o fa la voce più forte e diventa più aggressivo?” La risposta, come previsto, fu: “Più cerco di annullare certi pensieri , più aumentano. Parafrasai: “pertanto se continui a combattere così la situazione non potrà che mantenersi o peggiorare”. “Certo” confermò lui. Attraverso una serie di domande di questo tipo lo portai a toccare con mano come fosse proprio il suo tentativo di combattere l’inquisitore ad aumentare la forza. Dissi: “Non puoi combattere direttamente con i dubbi, altrimenti finisci per alimentarli. Puoi invece decidere di bloccare qualunque risposta, in modo da togliere il nutrimento alle tue domande ossessive, facendole saturare di loro stesse“; così gli prescrissi il compito d’elezione per questo tipo di problematica.
Qualche settimana dopo, il compito aveva iniziato a dare i suoi frutti; Marco era riuscito a toccare con mano che, quando evitava la provocazione del dubbio, questo svaniva. Nel frattempo, grazie alla graduale esposizione alle situazioni fino ad allora temute il ragazzo acquisì più fiducia in sé stesso. Dopo pochi mesi iniziò una stage formativo presso una delle aziende indicate dall’aba che aveva frequentato. Concluso lo stage semestrale, fu assunto da un’importante società multinazionale.
“L’ultimo passo della ragione è riconoscere che
c’è un’infinità di cose che la sorpassano” Blaise Pascal
Erica Badalassi
Psicologa – Pisa ad orientamento breve strategico
Bibliografia
Nardone, G, De Santis, G, “Cogito ergo soffro”, 2011, Ponte alle Grazie